Pizza napoletana (FONTE WIKIPEDIA enciclopedia libera SET. 2019)

La pizza napoletana, dalla pasta morbida e sottile, ma dai bordi alti, è la versione della pizza tonda preparata nella città di Napoli. Essa è intesa, su scala mondiale, come la pizza italiana per antonomasia.

Dal 5 febbraio 2010 è ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita dell’Unione Europea[1] e nel 2017 l’arte del pizzaiuolo napoletano, di cui la pizza napoletana è prodotto tangibile, è stata dichiarata dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità.[2][3][4][5]

Indice

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Pizza.

L’espressione pizza napoletana, data la sua importanza nella storia o nel territorio, viene usata in alcune regioni come sinonimo per pizza tonda. Le prime notizie riguardo alla pizza napoletana vengono fatte risalire al periodo che va dal 1715 al 1725Vincenzo Corrado alla metà del Settecento scrisse un pregevole trattato sulle abitudini alimentari della città di Napoli, in cui osservò come fosse costume del popolo condire la pizza e i maccheroni con il pomodoro. L’associazione di questi prodotti e le sue osservazioni diedero di fatto inizio alla fama gastronomica della città di Napoli e attribuirono al Corrado un ruolo importante nella storia della gastronomia.

Quelle stesse osservazioni costituiscono la data di nascita della pizza napoletana, un sottile disco di pasta condito con pomodoro. Le prime pizzerie comparvero a Napoli nel corso del XVIII secolo, e si diffusero poi ovunque nel mondo.

Ricette

Lo stesso argomento in dettaglio: Pizza Margherita e Pizza alla marinara.
«Perciò nun ‘e cercate
sti pizze complicate
ca fanno male â sacca
e ‘o stommaco patì…»
(Scritta nella famosa pizzeria di Napoli “Da Michele”)

La peculiarità della pizza napoletana è dovuta soprattutto alla sua pasta che deve essere prodotta con un impasto simile a quello per pane – ossia di farina di grano tenero ’00’ e completamente privo di grassi – morbido ed elastico, lungamente lievitato per sviluppare molta anidride carbonica, steso a mano in forma di disco senza toccare i bordi che formeranno in cottura un tipico “cornicione” di 1 o 2 cm con alveolatura interna, mentre la pasta al centro sarà alta circa 3 mm. Un veloce passaggio in un forno molto caldo deve lasciarla umida e soffice, non troppo cotta.

Nella più stretta tradizione della cucina napoletana sono previste solo due varianti per quanto riguarda il condimento:

Alcuni ritengono che il pomodoro debba essere di tipo San Marzano.[8]

Altri condimenti

Lo stesso argomento in dettaglio: Condimenti tradizionali della pizza.

Ricordando che i puristi di questo piatto considerano solo due tipi di pizza tradizionale, la Margherita e la marinara, sono comunque diffusi numerosi altri tipi di condimento che prevedono l’aggiunta di diversi ingredienti sopra la pizza.

Non è possibile elencare le innumerevoli varietà di pizze che sono state via via inventate e, dal momento che ogni pizzeria agisce a propria discrezione, è molto difficile individuare standard sempre validi. Si riportano comunque alcune tra le altre varianti di pizza napoletana più comuni nella tradizione italiana.

  • Capricciosa: pomodoro, mozzarella, grana grattugiato, basilico, funghi, carciofini, prosciutto cotto, olive, olio. Non a Napoli, in alcuni casi vengono aggiunti anche acciughe sotto sale e uova sode.
  • Quattro stagioni: normalmente gli stessi ingredienti della capricciosa, disposti ognuno in uno dei quattro quadranti in cui viene suddivisa la pizza, a volte con delle sottili striscioline di pasta per suddividerli.
  • Quattro formaggi: mozzarella, altri formaggi a discrezione, basilico. In genere, soprattutto nel Nord Italia, tra i formaggi è presente il gorgonzola. È tradizionalmente bianca (ossia senza pomodoro), tuttavia fuori dalla Campania è altrettanto diffusa la variante rossa.
  • Ripieno al forno (o calzone): pomodoro, provola, formaggio grattugiato, ricotta e (a scelta) salame o prosciutto cotto.
  • Ripieno fritto: ricotta, provola e (a scelta) salame o prosciutto cotto.
  • Diavola: pomodoro, mozzarella, grana grattugiato, basilico e pezzettini di salame piccante. È praticamente una variante della Margherita, divenuta anch’essa negli ultimi anni un classico.
  • Fiori di zuccafiori di zuccaalici salate, mozzarella e (per la versione rossa) passata di pomodoro.

Negli ultimi anni a Napoli si sono diffuse, fino a raggiungere capillarmente praticamente ogni pizzeria, la pizza bianca con panna, mozzarella, prosciutto e mais, da molti chiamata “mimosa”, e la pizza bianca con panna, mozzarella, prosciutto e funghi, detta anche “chef”.

Un forno a legna. Tipica e unica modalità di cottura della pizza napoletana

Cottura

Secondo il disciplinare per la definizione di standard internazionali per l’ottenimento del marchio “Pizza Napoletana” la cottura deve avvenire in forno a legna a circa 450 °C per circa 70 secondi.[9]

Strumenti tipici per la pizza napoletana

Per versare l’olio, i pizzaioli tradizionali utilizzano l’agliara, un contenitore in rame, internamente stagnato, con il becco lungo e stretto, in modo da far fuoriuscire un filo d’olio sottile e continuo.

Per infornare e governare la pizza in forno si utilizzano due pale a manico lungo: una più larga, di forma quadrata, dove la pizza viene stesa cruda e con la quale la pizza viene infornata, ritirandola con un rapido colpo di braccio. Questa pala era tradizionalmente in legno, ma per motivi igienici è stata recentemente sostituita da una versione in alluminio. Un’altra pala più piccola, tonda e di ferro, usata per far ruotare la pizza nel forno in modo da farla cuocere uniformemente su tutti i lati.

Leggi e riconoscimenti

«La pizza napoletana va consumata immediatamente, appena sfornata, negli stessi locali di produzione. L’eventuale asporto del prodotto verso abitazioni o locali differenti dalla pizzeria ne determina la perdita del marchio»
(Art. 6 della disciplinare per la definizione di standard internazionali per l’ottenimento del marchio “Pizza Napoletana STG”)

La lavorazione e gli ingredienti della verace pizza napoletana artigianale sono definiti nella norma UNI 10791:98 e sono stati predisposti dall’Associazione Verace Pizza Napoletana che dal 1984 promuove la conoscenza della verace pizza napoletana artigianale ed è la promotrice della norma UNI 10791:98 e del disciplinare della Pizza Napoletana S.T.G. prodotta secondo la tradizione napoletana.[9]

Nel 2004 è incominciato l’iter per far ottenere alla pizza napoletana il marchio di qualità “Specialità tradizionale garantita” (STG).[9] Per potersi fregiare di tale marchio, la pizza deve essere preparata con ingredienti e metodiche codificate. In particolare, l’unica operazione che può essere effettuata a macchina è la preparazione dell’impasto. Il taglio in panetti e la manipolazione della pasta per ottenere il disco devono essere fatti a mano.

Il 14 febbraio 2008 la norma è stata pubblicata sulla G.U.CE e, non essendoci state opposizioni nei successivi sei mesi, dal 5 febbraio 2010 la pizza napoletana è ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita della Comunità Europea.[1]

La pizza “a portafoglio”

Un modo tradizionale di consumare la pizza a Napoli è quello di acquistare versioni “mignon” per consumarle in strada. In questo caso, la pizza viene piegata, insieme con un foglio di carta per alimenti, in quattro. Questo modo di piegare la pizza viene detto, appunto, a portafoglio o a libretto. Questo modo tradizionale di mangiare la pizza è stato reso famoso da Bill Clinton, il presidente degli Stati Uniti d’America, che, in occasione della riunione del G7 a Napoli, si fece fotografare mentre consumava la pizza a libretto in via dei Tribunali.[senza fonte]

Note

  1. ^ Salta a:a b REGOLAMENTO (UE) N. 97/2010 DELLA COMMISSIONE del 4 febbraio 2010 recante registrazione di una denominazione nel registro delle specialità tradizionali garantite Pizza Napoletana (STG), su eur-lex.europa.eu. URL consultato il 7 agosto 2011.
  2. ^ L’Arte del Pizzaiuolo Napoletano, su unesco.it, dicembre 2017. URL consultato il 2 agosto 2019.
  3. ^ Unesco: l’arte del pizzaiolo napoletano diventa patrimonio dell’umanità, in LaStampa.it. URL consultato il 29 dicembre 2017.
  4. ^ L’Unesco consacra la pizza napoletana: l’arte del pizzaiuolo napoletano è patrimonio culturale dell’umanità – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Unesco-consacra-la-pizza-arte-del-pizzaiolo-napoletano-patrimonio-culturale-dell-umanita-595f45e1-1d8c-4525-a8ae-ded74d9b34a1.html, su rainews.it. URL consultato il 7 dicembre 2017.
  5. ^ Unesco. Art of Neapolitan ‘Pizzaiuolo’.
  6. ^ La pizza marinara non va confusa con quella ai frutti di mare. Il nome deriva dal fatto che gli ingredienti, facilmente conservabili, potevano essere portati dai marinai per preparare pizze nel corso dei loro lunghi viaggi.
  7. ^ Mozzarella vs fiordilatte. La pizza non può più raccontarti una bufala, su scattidigusto.it. URL consultato il 14 aprile 2015.
  8. ^ Disciplinare internazionale per l’ottenimento del marchio collettivo “verace pizza napoletana” – (vera pizza napoletana)
  9. ^ Salta a:a b c Sito web Associazione Verace Pizza Napoletana, su pizzanapoletana.org. URL consultato il 7 agosto 2011.

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